Oggi vi parlo di un film che colpisce lo spettatore e lo tiene con il fiato sospeso fino alla fine.
Tutta la trama gira intorno a un protagonista misterioso, interpretato da Valerio Mastrandrea. Si tratta di un uomo che ogni giorno troviamo seduto in un bar, sempre lo stesso locale, sempre lo stesso posto e con una grande agenda davanti a sè che ogni tanto consulta e sulla quale prende appunti. Al suo tavolo si siedono delle persone che parlano con lui, gli chiedono consiglio e dopo poco se ne vanno. Qui si infittisce il mistero perchè lo spettatore inizia a chiedersi, sempre più insistentemente, chi sia quell'uomo... forse uno psicologo? un medium? Dio? Davanti a lui si siedono persone diverse, tutte esprimono un desiderio e l'uomo misterioso chiede in cambio qualcosa, chiede loro di fare qualcosa... Così conosciamo:
Piano piano capiamo che le storie dei protagonisti sono tutte intrecciate. Le richieste dell'uomo sono estreme, siamo disposti a far del male alle altre persone pur di soddisfare la nostra felicità? Allo spettatore viene chiesto di immedesimarsi con le vite altrui, senza pregiudizio. Non gli si chiede, però, di giustificare, di accettare ciò che i “mostri” (così definiti dalle parole dell’Uomo) arrivano a fare; lo si invita a empatizzare, ad accettare l’essere umano per quello che è, per quello che può arrivare a fare. Il film come la psicoterapia... L'uomo misterioso è un personaggio di cui non si sa nulla, un uomo senza storia e senza passato, senza memoria e senza desiderio (Bion), è quindi come uno psicoanalista. Lo psicoanalista ascolta, non dà soluzioni, ma aiuta i suoi pazienti a fare un viaggio nella parti più nascoste di sè, si potrebbe parlare di Es in termini freudiani, a vedere e parlare con il proprio lato oscuro o non conosciuto, l'inconscio, a confrontarsi con le proprie frustrazioni e a cercare nuove soluzioni per i propri desideri. Come nella psicoterapia, lo scopo del film è quello di portare le persone a capire, spesso attraverso sofferenze, angosce e difficoltà, cosa vogliono davvero dalla loro vita, a fare una scelta autentica, propria, liberi dalla obbligatorietà di decisioni etero dirette. Conoscere queste parti di sè non è un male perchè poi ci rimane il libero arbitrio, come ci insegna bene il regista, la possibilità di scegliere e agire. Prevarrà l'Es, l'istinto primoridiale? Oppure c'è un Io sufficientemente solido e integrato che sarà in grado di trovare soluzioni alternative? Dott.ssa Annalisa Ciceri Psicologa e Psicoterapeuta
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