Prima Stagione - Episodio 9: "La gita"
Rebecca non ha mai raccontato a suo figlio Randall di aver conosciuto William, il suo papà biologico. Rebecca si è inoltre opposta alla richiesta di William di poter vedere suo figlio perché troppo spaventata dall'idea di perderlo. Così il piccolo Randall è cresciuto chiedendosi chi fossero i suoi veri genitori, perché l’avessero abbandonato e sentendosi “spaccato a metà” (come dirà in un episodio successivo). Nei vari episodi si vede che Randall cerca di ritrovare le sue origini, ad esempio ha un’agendina sulla quale disegna una stanghetta per ogni persona di colore incontrata, chiedendosi se una di quelle possa essere suo padre o sua madre oppure, in un altro episodio, ferma la gente nel supermercato per chiedere di piegare la lingua perchè: “A scuola abbiamo studiato i tratti ereditari e piegare la lingua è uno di quelli, se trovo persone che sanno farlo allora forse trovo i miei veri genitori”. Randall è stato amato dalla sua famiglia adottiva ma ha sempre sentito un vuoto dentro di sé e, infatti, alla veneranda età di 36 anni ha finalmente deciso di cercare e incontrare il suo vero padre, completando così i tasselli del puzzle. Purtroppo però, durante una cena di ringraziamento, Randall scopre che sua madre adottiva e suo padre biologico si conoscevano fin dalla sua nascita e questo lo fa arrabbiare perché si sente tradito. In questo episodio Randall beve accidentalmente un frullato un po’ particolare, contenente funghetti allucinogeni e ha un dialogo (interiore) con il suo papà adottivo Jack. Dice: “E’ da tutta la vita che lotto per riuscire ad essere perfetto e sai quale è la ragione? Vivo nella paura perché se mollassi un solo momento ricorderei che nessuno mi ha mai voluto… Sapere che l’uomo che mi aveva abbandonato mi voleva di nuovo e che si era pentito, capisci per me che differenza avrebbe fatto?!”. Il saggio Randall poi aggiunge che probabilmente anche Rebecca sta soffrendo infatti la scena successiva ci aiuta a capire il vissuto di Rebecca. Siamo nel passato e la donna va ad incontrare William informandolo che il figlio chiede continuamente di lui ma poi non riesce a contenere il dolore e scappa… poi parlando con Jack dice: “E se fossero persone eccezionali? Se si fossero pentiti di averlo abbandonato e lo rivolessero indietro? I suoi genitori potrebbero recriminare dei diritti e non permetterò a nessuno di portarmelo via!”. Il dolore di una madre adottiva e il vuoto di un bambino adottato… Come finirà? Beh guardate l’episodio! =D Ancora una volta prendo spunto da un episodio di “This is us” per approfondire un tema importante, quello dell’adozione, focalizzandomi in particolar modo sul vissuto psicologico dal bambino che verrà adottato. Cos'è l’adozione? È l’incontro tra un bambino dichiarato in stato di abbandono ed una famiglia valutata idonea all'adozione, i quali costituiscono due mondi diversi che entrano in rapporto tra di loro con un vissuto psicologico complesso. L’abbandono può essere:
Crescendo il bambino adottato guarderà il proprio corpo e quello dei suoi genitori adottivi, cercherà le somiglianze e le differenze fisiche e mentali esistenti tra loro, farà dei confronti e si interrogherà sull'aspetto fisico dei propri genitori biologici, cercherà dei modelli adulti con i quali identificarsi anche sulla base dell'aspetto fisico. Ci sarà sempre il fantasma dei genitori naturali... A tutto ciò si aggiunge il grande interrogativo: "Perchè sono stato abbandonato?" e se al bambino non viene fornita una risposta potrà sviluppare sensi di colpa e convincersi di essere lui la causa dell'abbandono, forse non era abbastanza per quel genitore, sviluppando così un enorme senso di inadeguatezza. La costruzione dell'identità del bambino adottato si basa su una doppia appartenenza e necessita di trovare un equilibrio nel continuum tra famiglia di origine e famiglia adottiva. La famiglia adottiva rappresenterà il contesto stabile e affettivo che consentirà al bambino di affrontare questo processo di costruzione dell'identità. Il trauma dell’abbandono può rimanere nascosto nella psiche per anni (se il bambino non viene aiutato adeguatamente) per esplodere poi in modo difficilmente controllabile, spesso in adolescenza. E’ in questa fase infatti che si avvia il processo di individuazione e separazione che si esprime nella domanda fondamentale: “Chi sono io?”. L’adolescente ha bisogno di risposte, ha bisogno di capire le sue origini per poter in seguito trovare se stesso e riempire il vuoto interno. In sintesi:
In conclusione, sicuramente i bambini e i ragazzi adottivi devono affrontare maggiori difficoltà nelle varie fasi di vita rispetto ai coetanei non adottati, tuttavia ciò non impedisce di vivere serenamente quando vi è sempre stata chiarezza in merito alla storia adottiva ed alle origini, ma specialmente se si è venuto ad instaurare un rapporto solido e positivo con i genitori adottivi. To be continued... Dott.ssa Annalisa Ciceri Psicologa e Psicoterapeuta
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