Premessa:
Poco tempo fa ho iniziato a vedere "This is us", serie tv di cui mi sono da subito innamorata. Ho pensato di inserirla nel mio blog perchè nei vari episodi emergono temi molto interessanti da cui prenderò spunto per fare alcune riflessioni psicologiche. "This is us" racconta la storia della famiglia Pearson, famiglia composta da cinque elementi:
La serie è veramente intrigante e ben costruita attraverso la tecnica dei "salti temporali", così nella prima puntata per esempio vedremo Rebecca in procinto di partorire e contemporaneamente i 3 figli che compiono tutti 36 anni essendo gemelli o quasi. Ogni episodio invoglierà ad andare avanti per ricomporre i tasselli che formano il grande puzzle della famiglia Pearson. "This is us" è una serie che vi farà emozionare, vi ritroverete a ridere e a piangere con i vari personaggi e chissà che qualche riflessione fatta qui non possa anche aiutarvi nella vostra vita... la storia dei Pearson può essere la storia di ognuno di noi... <3 Prima Stagione - Episodio 3: "Kyle" Rebecca ha dovuto affrontare una gravidanza gemellare a rischio e al momento del parto purtroppo sono sopraggiunte delle complicazioni e così il terzo gemello non ce l'ha fatta. Lo stesso giorno però in ospedale arriva un neonato, abbandonato poco prima davanti alla stazione dei vigili del fuoco e così, come un segno mandato dal cielo, Jack e Rebecca decidono di adottarlo e portare a casa 3 bambini come era previsto. I genitori avevano anche già pensato ai nomi, tutti avrebbero avuto un nome che iniziasse con la lettera K: Kevin, Kate e Kyle. Per Rebecca la decisione di adottare un bambino che non ha portato nella sua pancia non è affatto semplice e, come spesso accade in queste circostanze, fa fatica a sentirlo suo. Dice: "Lui non è come gli altri, mi dispiace ma io ho cresciuto gli altri due dentro di me e lui è come se fosse un estraneo... mi sento un mostro a dirlo ad alta voce ma è la verità". Rebecca è un mostro? Assolutamente NO, è una donna che ha vissuto un lutto e non lo ha ancora elaborato. Jack nota la fatica che sta facendo sua moglie e durante la visita dal medico dice: "Credo che i bambini abbiano fatto a pezzi mia moglie, ma lei può curarla vero?". Il dottore saggiamente risponde: "Tua moglie ha perso un bambino e non è una cosa che puoi ignorare! Tu hai preso il tuo dolore e lo hai trasformato in azione ma Rebecca ha bisogno di affrontare la cosa a modo suo e tu dovrai lasciarle lo spazio per trovare il suo modo". All'uscita dell'ospedale, dopo il parto, Rebecca nota un uomo di colore che la osserva tenere in braccio i suoi bambini, lei intuisce chi possa essere: il padre biologico del bambino che lei ha adottato. Nei giorni successivi non riesce a dimenticarlo finchè decide di andarlo a cercare e così conosce William ed è proprio parlando con lui che riuscirà a trovare un pò di pace e ad entrare in contatto con il terzo bambino. William le chiede: "Che nome avete dato al bambino?" e Rebecca risponde: "Kyle" e poi gli spiega di aver perso il terzo gemello e di averlo "sostituito" con un altro. Aggiunge in lacrime: "Io non riesco a legare con il bambino, io vorrei amarlo come se fosse mio ma ogni volta che guardo il suo viso..." e allora William le dice: "Dagli un nome suo!" e così entra in scena Randall. Alla fine dell'episodio si assiste a questa magnifica scena in cui Rebecca prende in braccio il piccolo Randall e prova ad attaccarlo al seno e finalmente ci riesce. Vorrei partire da qui per fare una riflessione sui nomi che vengono dati ai bambini. Quante volte una persona porta il nome dello zio defunto, del nonno o del bambino mai nato? e questo può essere un peso enorme da sopportare. Succedeva più di frequente in passato, ma non è raro incontrare lo stesso meccanismo anche oggi. In "This is us" il nome bloccava l'elaborazione del lutto perchè ogni volta che i genitori chiamavano quel bambino si ricordavano inevitabilmente del figlio deceduto scatenando in loro sentimenti di colpa. Quindi, a volte, Il nome che viene dato a un nuovo nato è troppo carico di proiezioni genitoriali, di un peso che non spetterebbe a lui portare e che però si porterà dietro per tutta la vita, a volte senza neanche sapere la verità, ma come si dice spesso in psicologia: "Il non detto si sente". Così c'è il rischio che si ripetano traumi, che vengano date missioni inconsce a quel bambino e poi adulto, che lo si veda come quello che deve aggiustare, riparare le cose ma non è corretto perchè diventa una sorta di maledizione. Ogni bambino che nasce è unico e deve avere il diritto di portare un nome che sia esclusivamente suo. To be continued... Dott.ssa Annalisa Ciceri Psicologa e Psicoterapeuta
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